venerdì 7 maggio 2010

Il biancospino.



Il mese dell’anno che per i Celti cadeva fra la metà di maggio e la prima decade di giugno, era dedicato al biancospino, che i Romani chiamavano “alba spina” spina bianca .
I Romani avevano consacrato l’albero a Maia che regnava sul mese di Maggio e imponeva la castità ,essendo quello il mese delle purificazioni.
Con il cristianesimo,poi, il mese di Maggio venne dedicato alla Madonna e ad essa il biancospino.
E una pianta da pieno sole, di rapida crescita e per tutti i tipi di terreni, anche i più ingrati.
In terra di Romagna ,esso veniva osservato con attenzione dai contadini prima dell’inverno, perché, se allegava molte bacche , era presagio di grande freddo.
Un tempo le siepi di biancospino erano numerosissime e caratterizzavano tutto il paesaggio agrario, ma ormai ,specie in pianura,sono scomparse. La moderna agricoltura non tollera più le siepi che fanno ombra ,occupano spazio, ostacolano i lavori ,rendono difficoltose le pulizie con mezzi meccanici di fossi e canali e ospitano parassiti dannosi alle colture.
Nei tempi passati, invece, le siepi fornivano legname da ardere, davano rifugio e nutrimento a numerosi uccelli come merli e tordi che si cibavano delle sue bacche rosse,svolgevano azione di frangivento e di consolidamento del suolo e degli argini .
In un inventario del 1905 della Tenuta Torlonia a San Mauro, è ben descritto il grande utilizzo che un tempo si faceva di queste siepi di biancospino.
Il grande parco di tre ettari e mezzo che circondava il Palazzo Nobile era tutto delimitato da una siepe viva di biancospino regolarmente potata, così come per tutte le aie e le case coloniche di ciascuno degli oltre 140 poderi.
Le strade pubbliche e private che intersecavano la Tenuta e che si snodavano per un totale di 83 km.
erano anch’esse fiancheggiate da siepi di biancospino potate a guisa di spalliera, tenute obbligatoriamente in ordine dai mezzadri dei tanti poderi.
Naturalmente una volta queste siepi alimentavano anche molte credenze e paure nei viandanti notturni: si diceva che in certe macchie “si sentivano” voci o rumori strani , che qualcuno aveva visto luci tremolare e loschi figuri,e,soprattutto nelle notti senza luna solo i più coraggiosi si avventuravano da soli per le strade isolate della campagna e sempre guardandosi dubbiosi alle spalle ,attenti al più piccolo rumore….
G.

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