sabato 26 giugno 2010

1870: I fatti di sangue alla Torre di San Mauro.


Il 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo,alla Torre di San Mauro si tiene da sempre una sagra in onore dei due Santi ,ai quali è dedicata la chiesetta situata accanto al Palazzo Nobile.
E’ una festa ancora oggi di stampo campagnolo :si mangia, si fa musica e si balla all’aperto e prima di mezzogiorno si celebra una Messa Solenne nella piccola chiesa che ogni anno non riesce mai a contenere tutti i fedeli che accorrono alla cerimonia.
Un tempo, quando la Torre era un grande latifondo di proprietà dei Principi Torlonia , dopo la Messa,nello spiazzo antistante la Chiesa, veniva approntata una tavolata all’aperto dove le famiglie coloniche e i lavoranti della Tenuta si radunavano insieme a festeggiare.
Purtroppo non tutto, in queste feste, andava sempre per il meglio: ignoranza, esasperazione e indigenza producevano rissosità e scontri violenti per i più disparati motivi ,che spesso sfociavano nel sangue, data la cattiva abitudine di tirare subito fuori il coltello ,che era” a foglia d’ulivo”, cioè con la lama a due tagli.
Uno di questi scontri , tramandato nel ricordo della gente, ma anche documentato dai registri parrocchiali ,avvenne durante la festa del lontano 29 giugno del 1870, dove in una rissa morirono tre persone, uno lo stesso giorno e gli altri nei giorni seguenti a causa delle ferite riportate. La lite scoppia subito dopo la Messa Solenne, presso il ponte del Rio Salto situato poco dietro al Palazzo:il primo a rimanere ucciso all’istante, con una coltellata nello stomaco, fu il guardiano di campagna della tenuta Raffaele Dellamotta, trentenne,che era accorso, si dice ,per sedare i litiganti che si stavano affrontando a colpi di coltello.
I litiganti appartenevano a due famiglie coloniche della Tenuta divise da vecchi rancori e ostilità : il secondo a morire, il 7 luglio, per le gravi ferite, fu Giosuè Capanni, di 37 anni, mentre l’ultimo, il 12 luglio, fu il diciottenne Angelo Domeniconi, che non morì per le ferite, che non erano gravi, ma per l’infezione che purtroppo ne seguì.
Erano tempi ,quelli , nei quali problemi di ogni sorta si risolvevano spesso a colpi di coltello e di fucile :“ Covo di ribaldi e ammazzatori”, così nei rapporti di polizia veniva descritta la Romagna di quegli anni, dove chi non si vendicava era disprezzato come un debole e un pauroso, e dove la vendetta era considerata inevitabile , un vero e proprio fatto d’onore.

mercoledì 23 giugno 2010

Le erbe e i riti di San Giovanni


A sei mesi dal Natale, abbiamo un’altra ricorrenza imperniata sul solstizio (naturalmente ,questa volta, il solstizio d’estate): la festa di San Giovanni Battista.
Nella religione greca i due solstizi erano chiamati “porte”: “Degli Dei” l’invernale, “Degli uomini”, l’estivo, ambedue simboli del passaggio fra due cicli temporali.
Le varie credenze connesse a questa data sono il frutto di sovrapposte stratificazioni, che raccolgono frammenti di tradizioni diverse e addirittura arcaiche ,successivamente cristianizzate nel simbolismo del Precursore di Cristo: San Govanni il Battista.
I riti tradizionali cominciano la notte del 23 con la preparazione dell’acqua di San Giovanni ,esponendo alla benedizione del Santo una bacinella colma d’acqua e di fiori che variano da zona a zona: di rigore la lavanda, la ruta, il rosmarino e l’iperico.La mattina poi, ci si sciacquano viso e occhi per lavare via ogni negatività e per purificarsi.
Prima dell’alba del 24,invece si raccolgono le erbe della buona salute,ancora bagnate dalla benefica rugiada, come la salvia e tutte le mente , l’alloro , l’artemisia, la spighetta, il rosmarino e se ne fanno mazzetti da seccare e conservare per tisane, impacchi, scacciare insetti e per mille usi diversi.
E’ anche il giorno nel quale si raccolgono le noci dal mallo verde per preparare il nocino,il famoso liquore digestivo casalingo diffuso in tutta l’Emilia-Romagna.
Esistono anche erbe “caccia diavoli “ e “caccia streghe”,che proprio nella notte di San Giovanni si diceva volassero nei cieli per raggiungere i loro convegni: erbe perciò ,da appendere a difesa di porte e finestre o da mettere addosso ,dall’iperico al basilico ,dalla ruta all’aglio,quest’ultimo potentissimo contro i malefici,portafortuna e simbolo di abbondanza.
Infatti, secondo un proverbio romagnolo ,”Chi ‘n compra i ai e dè ad San Zvan l’è puvrett tott l’an”.(Chi non compra l’aglio il giorno di San Giovanni è povero tutto l’anno).Un altro detto popolare ricorda anche che “Per San Giovanni si svellano le cipolle e gli agli” e in Romagna in questo periodo in molti paesi si tenevano veri e propri mercati dell’aglio.
Ma l’erba per eccellenza di questa giornata è la lavanda, conosciuta anche come spighetta di San Giovanni, e a Roma un tempo era famoso il mercato della lavanda che si teneva la vigilia della festa davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Nella campagna di una volta,per San Giovanni,si cominciava la mietitura, e si diceva che il grano si poteva tagliare anche se non era del tutto secco, perché era già maturo e questo è anche il periodo che cominciano a formarsi ,nell’uva, gli zuccheri e i succhi che daranno poi il vino.

martedì 22 giugno 2010


Per scacciare la malinconia di una estate avara e molto ritardataria Franco ci ha regalato questa estate ...futurista.

lunedì 21 giugno 2010

21 GIUGNO

Ma che giorno è oggi? Ti guardi in giro. Pochi ti rispondono a tono. Uno sbofonchia, un altro borbotta,ma non capisci cosa, uno brontola, e supponi che forse ripeta il detto tipico dei nonni ottocenteschi "..ma non c'è più religiome!" Magari qualcuno cerca anche di volerti rispondere a tono con un ..." Ma non vedi? Sembra Novembre..!!!" E allora capisci la validità della famosa poesia di Baldini, il poeta di Santarcangelo, quando ti chiede l'ora. Insomma,possibile non ci sia nessuno a rispondere che...ma quardatevi un po' in giro,aprite un attimo la finestra e guardate in alto,sopra tutte quelle nubi nere,chiudete un momento l'ombrello, mettete il vostro naso oltre l'impermeabile, anche se vi bagnate un attimo per la pioggia che scroscia. Ma, proprio, sembrate tutti uguali a mio fratello, non avete un briciolo di sensibilità, di sentimento!!! E allora ve lo dico io... che - OGGI - è il primo giorno di ESTATE !!! Quella 2 0 1 0 s'intende. E, credetemi,non ce ne sarà un'altra con questa data, non ce n'e stata prima, non ce ne sarà un'altra dopo. E quindi, cari amici del G.G.Blog, godetevelo questo primo giorn0o di ESTATE 2010!
E un abbraccio a tutti,che siate di campagna, ma anche,via,per questa volta, di città. GBM

giovedì 17 giugno 2010

"La tempèsta la fa i purèt"

Prendendo spunto dalla pesante grandinata di oggi pomeriggio, trascrivo qui il resoconto e la descrizione che il protocollista di Santarcangelo Elia Gallavotti fece del formidabile “Ciclone” che rovinò sulla Romagna il 23 giugno del 1905.
“Nel ciclone del 23 giugno,incominciando da Forlimpopoli,Forlì,Ravenna,Lugo, Faenza,Imola,Ferrara si ebbe una grandine così straordinaria ,spinta da un tale vento impetuoso che distrusse completamente ogni raccolto,gettando migliaia di famiglie nella più straziante miseria.
Nella grandine caduta si trovarono molti ghiaccioli del peso di 600 grammi e in pari tempo si ebbe una pioggia di fulmini che fecero qualche vittima.
Il vento poi fu così furibondo che accoppiato con la grandine ,estirpò alberi colossali, e nelle città massacrò tutti i vetri alle finestre ,per cui al sopraggiungere di un grande acquazzone trovò libero passo per le finestre apportando danni incalcolabili.
Riassumendo, il formidabile frastuono prodotto dal terribile vento, dalla caduta della grandine e dal rimbombo dei tuoni, produsse in quegli abitanti tale spavento che ritenevano sopraggiunto un vero finimondo.”
Come dice un antico proverbio romagnolo, “La tempèsta la fa i purèt” ,la grandine fa i poveri ,perché chi ne era colpito e ne aveva distrutto il raccolto, per quell’anno doveva indebitarsi per sopravvivere e poi occorrevano diverse stagioni per rimettersi in pari.

lunedì 14 giugno 2010

domenica 13 giugno 2010

Il bucato dell'azdòra


Alle periferie delle città di Romagna e nei borghi, c’era sempre una fontana e un lavatoio: una grande vasca in muratura ,magari divisa in scomparti,con i bordi inclinati verso l’interno per servire come superficie dove appoggiare i panni da insaponare e da battere. Il risciacquo avveniva nell’acqua comune, continuamente rinnovata dalla fontana.
Spesso i lavatoi ,quelli di città,erano anche coperti,per i giorni di pioggia.
Ce n’erano di grandi con molti posti e altri più piccoli per una ,due o quattro persone.
In campagna, invece,dove esisteva un comodo canale o un ruscello o un fiume ,le donne andavano a lavare lungo le rive ,inginocchiate ,a faticare appoggiando i panni su un’asse di legno o su una larga pietra piatta che era stata trascinata apposta per quell’uso.
Molto spesso la prima parte del bucato avveniva in casa ,quando alla mattina molto presto si accendeva il fuoco sotto “la mastella”,il grande contenitore che serviva a mettere in ammollo i panni nell’acqua calda insieme al sapone e alla cenere setacciata.
Dopo qualche ora si faceva un primo lavaggio per togliere lo sporco grosso e poi si rimettevano i panni nuovamente nella mastella col “ranno “caldo e si lasciavano in ammollo tutta la notte.
La mattina dopo si rilavavano i panni strofinando a lungo vigorosamente con le mani e poi si risciacquavano sbattendoli forte perché non rimanesse nessun residuo di sapone.
Le donne di campagna che ne avevano la possibilità si recavano al canale o al fiume portando i panni su una carriola o su un carro tirato dal mulo se il corso d’acqua era lontano. In questo caso si portavano qualcosa da mangiare perché avrebbero avuto da fare per parecchie ore.
Le lavandaie di solito andavano in coppia perché bisognava essere in due per strizzare i pesanti lenzuoli di tela e a mano a mano che i panni erano pronti si mettevano ad asciugare sui prati o sulle siepi intorno,oppure si portavano a casa bagnati e si stendevano poi in cortile sui fili tesi tra due bastoni.
Per le donne di un tempo il giorno del bucato ,che si faceva di solito due volte al mese,era un giorno particolarmente faticoso.
Non per niente un proverbio dice:” Quand che l’azdòra la fa la bughè, s’l’amàza òn, l’è bèn mazè.
G.

martedì 8 giugno 2010

Castelluccio di Norcia (Perugia)

La campagna di ieri, di oggi, di domani, che sta per esplodere con i suoi meravigliosi colori.

domenica 6 giugno 2010

La "SETTIMANA ROSSA". 7-14 giugno 1914


All’alba di lunedì 7 giugno 1914, l’Italia intera è attraversata da rivolte e scioperi e prende il via quella che verrà chiamata la “Settimana Rossa”.
La scintilla scoppia ad Ancona: in una manifestazione di protesta contro la guerra di Libia e il carovita,in concomitanza con la parata della festa dello Statuto Albertino,la polizia interviene duramente e uccide tre dimostranti.
In tutta Italia viene subito proclamato uno sciopero generale,che e in Romagna diventa vera e propria insurrezione, aggregando repubblicani, socialisti ,anarchici e sindacalisti.
Per una settimana i rivoltosi controllano tutta la Regione,assaltando le stazioni per impedire il passaggio dei treni, incendiando e saccheggiando carri merce e tagliando i fili del telegrafo, isolando tutta la Romagna.
Dopo giorni di eccessi e aspra lotta,il 10 giugno la Confederazione Nazionale del Lavoro revoca lo sciopero e il 13 giugno finalmente la rivolta ha termine.
Il clima però rimane incandescente e due settimane dopo, il 28 giugno,con l’assassinio dell’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando,si innesca la fatale reazione a catena che porterà ai tragici eventi della Prima Guerra Mondiale.
G.

venerdì 4 giugno 2010

XVIII concorso "Giustiniano Villa"

Anche se con qualche giorno di ritardo, vogliamo dare conto della bella riuscita della serata del Premio di Poesia Dialettale" Com una volta", intitolato a Giustiniano Villa,che si è tenuto sabato scorso 29 maggio nel centro polivalente a Sant'Andrea in Casale di San Clemente.
Nonostante la pioggia torrenziale che ha creato disagio per gran parte della serata, c'è stato un notevole afflusso di pubblico.
Claudio Casadei, che da ben diciotto anni organizza la serata, si è dimostrato come sempre e meglio di sempre ,un perfetto padrone di casa mettendo a proprio agio tutti i partecipanti , vincitori e non.
D'altra parte tutti i presenti hanno potuto declamare liberamente le loro poesie con grandi applausi del pubblico.
Come sempre ,alla fine si è esibito l'onnipresente Carlini, con ben due zirudelle , una delle quali era la ben nota e solita " Tricotomia".
I vincitori della sezione Poesia sono:
1)A. Gasperini con "Tòurna cla ròla"......E tòurna l'ùtma brèsa /I pènd j òman sòura i scours lòngh dla vèggia/......
2)G. Fucci con "Ragiunament sagl'intenzion".....U i arvenza piò poch,-u n'è ben strèn?- / De temp ch'un gh'era aràdio,reoplen; /Sagli òmbri cèri, sl'udour bon de pèn.....
3)G. Balestra con "L'anzal de prè".....Pr'intaent foma,e s't'vin sa me /A la faza ad quei ch'la manda / Andem a fes du' spaghitin.....
Nella sezione Zirudelle ha vinto ,cosa non facile tra i zirudellari, una donna, Anna Maria Pozzi di Coriano, con "Internet".
Inoltre non dimentichiamo i segnalati : Gilberto Corbelli e Angelo Minguzzi per le Zirudelle e Vincenzo Baietta e Gianfranco Rossi per le poesie.
La Serata si è conclusa con un ricco buffet a base di torte casalinche offerte dalle signore del luogo e bibite e vino a volontà.
...E chi ha avuto paura del brutto tempo e non è venuto...peggio per lui...il prossimo anno ci penserà meglio.

mercoledì 2 giugno 2010

Tre generazioni al lavoro.

Questa bella immagine é la foto del monumento che é fuori delle mura cittadine di Offida, e rappresenta tre generazioni di merlettaie, nonna, mamma, nipote. E' un omaggio di
Franco che anche in fatto di merletti vuol sempre...dire la sua. GBM.

martedì 1 giugno 2010

I RICAMI A TRECCIA DI SAVIGNANO


La scuola di ricamo “Mani come farfalle”di Savignano sul Rubicone, negli ultimi corsi ha proposto e insegnato il ricamo a treccia del quale si erano perse le traccie.
Il cosiddetto” ricamo a treccia”,motivo ornamentale del tutto oiginale, nei colori blu e ruggine e arricchito con nappe e frange,si produceva nella scuola di ricamo di Savignano di Luisa Maria Rasponi,discendente dei Rasponi-Murat di Ravenna alla fine dell’800.
La nascita di questa scuola trova la sua origine nel desiderio di dare una occupazione dignitosa alle donne dei ceti più poveri , causa presa a cuore dalle rappresentanti dell’aristocrazia italiana del XIX secolo,in ossequio delle nuove idee liberali.
Iniziò cosi, in tutta Italia, e anche in Romagna,l’apertura di scuole-laboratorio dove si rilanciavano le varie arti femminili.
Il ricamo a treccia avviene in due tempi: prima si confeziona una lunga e stretta treccia con tre capi di grosso filo di cotone e poi questa viene cucita sulla tela a piccoli punti nascosti seguendo un disegno prestabilito.
Tradizionalmente erano ricamate a “treccia di Savignano”le coperte di tela usate in Romagna nei primi decenni del novecento, dalle famiglie più benestanti,per coprire e ornare i buoi in occasione delle fiere e delle mostre di bestiame..
Poi,col tempo,se ne perse traccia e memoria, fino alla scoperta, in anni recenti, di un manufatto originale al Museo Etnografico di Forlì,che ha dato avvio ai corsi di insegnamento di questa tecnica.
G