martedì 16 novembre 2010

Brustolini e vin brulè .


Dal libro di Grazia, “La cucina dell’arzdòra”, riporto questo gustoso capitolo su brustolini e vin brulè che in inverno rallegravano le veglie campagnole agli amici del vicinato che si radunavano nel caldo delle stalle.
I brustolini in pratica erano semi di zucca e ceci abbrustoliti sulla teglia.
Ma prima di offrirli bisognava coltivarli e prepararli con le dovute procedure.
I semi di zucca venivano estratti dalle zucche più grosse, raccolte mature e lasciate esposte al sole per giorni.
Poi si aprivano e se ne toglievano i semi, che ben lavati venivano messi ad asciugare al sole su assi di legno e girati spesso perché si asciugassero perfettamente.
Dopodichè si sarebbero conservati in un sacco di tela fino a che non arrivasse l’inverno ,la stagione giusta per le veglie.
I ceci, invece, venivano seminati in marzo e la pianta si lasciava crescere finchè i baccelli diventavano tutti gialli.
Allora , cavata la pianta, si portavano i baccelli al sole sull’aia per farli ben seccare e poi si battevano con al “zerli”, due bastoni ,uno corto e uno lungo, legati insieme.
Ben secchi e vallati , anche i ceci si riponevano nel solito sacco di tela e quando servivano , insieme ai semi di zucca, venivano via via abbrustoliti sulla teglia di terracotta messa sopra la brace del camino.
A parte si preparava un po’ d’acqua e sale grosso da versare sui semi quasi cotti per ammorbidirli ,ingrossarli, ed anche insaporirli.
E da bere cosa di meglio , soprattutto se l’inverno era pungente , se non un buon brulè bollente ,che riscalda dissetando?
Per prepararlo si metteva il vino in una pentola posata sopra il fuoco del camino e vi si aggiungevano scorze di limone e arancio, chiodi di garofano , cannella e zucchero.
Quando il tutto cominciava a bollire , con uno zolfanello vi si dava fuoco per qualche minuto, che così “Us svampèva”, svaporava , perché bruciando avrebbe perso gradi e tranquillamente lo avrebbero potuto gustare anche i ragazzini che fossero alla veglia.
Vi era scarsità e miseria, ma con poco,in questo modo, nel caldo delle stalle si dimenticavano i disagi e ci si riuniva con piacere ed allegria.

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