martedì 27 settembre 2011

La pera volpina .


Un frutto che i contadini di una certa età ricordano con nostalgia è la pera volpina, che maturava in autunno insieme alle sorbe, le azzeruole e le giuggiole.
Ormai si possono trovare solo nella zona di Casola Valsenio, dove da qualche anno ci si è messi d’impegno a produrre e a far rivivere questi frutti della terra quasi spariti.
Le pere volpine si mangiano solo cotte, come si fa con le mele cotogne, cuocendole di solito nel vino rosso e con l’aggiunta di zucchero,chiodi di garofano e cannella fino a renderle morbide e irriconoscibili.
Sono di un verde rugginoso, di forma rotonda e di piccole dimensioni.
Erano uno degli ingredienti del “Savòur”, una specie di confettura contadina ottenuta col mosto arricchito di frutta , anche secca, che si faceva in tempo di vendemmia.
Oltre alla volpina, un’altra pera dimenticata è la “moscadella” , chiamata così perché di polpa molto dolce il cui sapore ricorda l’uva moscato e di cui pare fosse goloso anche il Leopardi e che dovevano restare nella sua memoria per sempre.

mercoledì 21 settembre 2011

Lo squacquerone di campagna....


Nella campagna di una volta ,nel mese di settembre e all’inizio di ottobre, con la rinfrescata,i contadini cominciavano a fare il formaggio “squaquaròun”.
Nella stalla avevano la “lattifera “o una mucca che aveva finito di allattare il vitello e così facevano il formaggio da vendere al mercato o da scambiare con altri prodotti.
E il formaggio squaquaròun ,così fresco e morbido si vendeva bene e non dava tanto impegno, perché non occorreva conservazione o stagionatura di sorta.
E quando non veniva perfetto ma troppo acquoso e morbido , allora si mangiava in famiglia, la sera, con la piadina calda, ed era una mangiata squisita, per quei tempi.
Quando la sera i contadini tornavano dai campi, in tempo di vendemmia, e spalmavano il formaggio molle e bianchissimo su una mezza piadina piegata a metà,era una vera consolazione…. C’era molta miseria, ma qualche volta, ogni tanto la facevano una mangiata buona.

martedì 13 settembre 2011

Si riparte......


Il caldo clima di questi giorni settembrini ci ricorda che fino al 22 del mese siamo ancora in estate.
Poi l’autunno che rinfresca l’aria comincerà a mettere addosso una “voglia di fare” sia agli uomini sia agli aniumali.
E’ proprio in questa stagione che rondini e balestrucci cominciano a raggrupparsi sui fili della luce prima del grande balzo verso il continente africano.
I giovani non ancora ben sviluppati si affrettano a rimpinzarsi di cibo per mettersi alla pari con gli altri nella dura prova che li aspetterà sul mare aperto.
La rondine che vediamo partire oggi verso l’Africa sarà,con molta probabilità ,la stessa che ricomparirà la prossima primavera.
Questo uccello, che potrebbe a buon diritto essere preso come simbolo della migrazione, è famoso anche per la “fedeltà” ai siti di nidificazione.
Le rondini devono affrontare un viaggio di 12.000chilometri ,e per far fronte a questo sforzo fanno scorta di grasso alimentandosi per aumentare il loro peso anche del 20-30%in più.
Altri uccelli, invece ,effettuano spostamenti migratori più contenuti e alcuni ,se le condizioni del tempo non sono particolarmente avverse, possono anche rimanere,come la capinera, che ,alle nostre latitudini ,può sopportare bene l’inverno.
E allora, per gli uccelli che rimangono nei nostri parchi e nei nostri giardini,ricordiamoci per tempo di preparare dei luoghi di rifornimento con semi, palle di grasso o quanto serve loro per poter sopravvivere ai rigori del freddo invernale.

sabato 10 settembre 2011

Emigranti di Romagna....



Anche la Romagna diede il suo contributo all’emigrazione in terra d’America.
Pure il mio paese,San Mauro, e quelli vicini di Gatteo, Savignano e Sant’Angelo ,sono stati toccati da questo “fenomeno sociale”, specie sul finire dell’800 , inizio ‘900 e negli anni ‘20-30.
Molti di essi, contadini, emigrarono in Sud America a lavorare nelle piantagioni di caffè e non fecero più ritorno perché partire per un paese lontano ,allora ,significava spesso non tornare più .
In alcuni paesi, al momento della partenza degli emigranti ,sul mezzogiorno le campane invitavano i fedeli in chiesa per invocare la protezione della Madonna al canto delle Litanie.
Lo scrittore e poeta Luigi Pedretti diGatteo descrive bene l’atmosfera di quei tempi in questa poesia:

I và in te Brasil

A simi vers la fòin de sècul vèc
E l’era mez-dè,
fat ad sòul,ad chèld,
quand’al campèni
al sunet al Litanì.
_Piapi,Francòn,Foschi,
Fantinel,Romeo,
i s’imbarchèva pre Brasil!
In còr e’ piuvèt al Litanì.
La Madunòina ,
avstìda ad bruchèd,
tra al candòili,l’arlusìva.
E paret cla gès:
“Così sia”
An’iò piò vest,quei ch’iè andè via.

Si era alla fine del secolo vecchio/era mezzogiorno/ tutto sole e caldo/
Quando le campane /suonarono le Litanie./
Piapi, Francon, Foschi,/Fantinel Romeo/
Si imbarcavano per il Brasile/.
Piovvero le litanie/la Madonnina / vestita di broccato/
Tra le candele spendeva di luce/
Sembrava dicesse:/così sia./
Non li ho più rivisti, quelli che sono andati via.

domenica 4 settembre 2011

L'uva fragola.


Quando la filossera sembrò distruggere tutti i vigneti del Vecchio Mondo, la salvezza venne dall’America.
I ceppi delle viti di quel lontano paese vennero introdotti in Europa e su questi si innestarono nuovamente i vitigni originari.
Così l’Europa riebbe salve le sue vigne, dove rimasero anche alcuni di quei vitigni selvatici non innestati.
Col tempo si cominciò ad apprezzare l’uva che producevano : acini tondi,vellutati,con la buccia spessa e un curioso sapore di fragola.
Non era uva buona da vino , ma dolce e piacevole da mangiare e perfetta per farne mostarde.
La chiamarono “uva fragola”,e ancora oggi è conosciuta con questo nome ,oltre, naturalmente che con quello di “uva americana”.
E’ un’uva forte, rustica,che non ha bisogno di particolari cure e non richiede fitofarmaci e perciò sta tornando di moda come uva da tavola ecologica.

Ricetta della mostarda all’uva fragola:
Per ogni chilo di uva :tre etti di zucchero,gherigli di noce e fette di pera duretta .Cuocere l’uva sgranata fino a che gli acini si rompono ,passare al setaccio , rimettere nel tegame e aggiungere alcuni gherigli di noce tritati grossolanamente e due-tre pere a fettine.
Fare addensare a fuoco basso sempre rimescolando finchè non abbia assunto consistenza cremosa.
Travasare nei barattoli a chiusura ermetica facendoli sterilizzare in acqua bollente per 10-15 minuti .
Questa mostarda , simile al Savòr romagnolo, si accompagna molto bene alle carni lessate o alla polenta, come si usava una volta in gran parte del mondo contadino.

giovedì 1 settembre 2011

La sfròmbla....(la fionda).



Uno dei giochi più popolari tra i bambini di una volta, soprattutto maschi, era “la sfròmbla”, la fionda, che ,più che giocattolo, era una vera e propria arma di difesa e offesa.
Quanti fanali e quanti vetri sono andati in frantumi, grazie a questo strumento…..
Non poche erano però le difficoltà che si incontravano per costruire una buona fionda.
Per prima cosa bisognava trovare il ramo giusto, con la grossezza e la biforcazione più corretta per legarci gli elastici, che di solito si ottenevano da certe camere d’aria particolari che si conservavano gelosamente.
Poi serviva il pezzetto di cuoio che doveva contenere il sasso ,e nel mio paese, dove c’erano molti ciabattini, era la cosa più facile da ottenere.
Il tutto veniva assemblato e tenuto insieme con del filo robusto da calzolaio avvolto strettamente e ormai lo strumento era completato….
A questo punto non restava che procurarsi i sassi adatti, rotondi, ben calibrati in rapporto alle dimensioni della fionda e farne una buona provvista.
E poi si cercavano gli obiettivi su cui esercitare la mira….che andavano dalle banderuole segnavento sui tetti, dai lampioni, dalle lucertole agli uccelli e fino anche a veri disastri che poi causavano di conseguenza la confisca e la distruzione della fionda da parte di maestri e genitori.