domenica 6 novembre 2011

Pere coscia e mele zitelle.



Nei cataloghi dei vivai dell’ottocento, per descrivere le mele, le pere o l’altra frutta , sembra non si usasse mai l’aggettivo “bello” o “di bel formato” : i requisiti che più interessavano erano la produttività della pianta , il sapore dei frutti ,ma soprattutto la “serbevolezza”, cioè la proprietà di conservarsi a lungo.
Era quello un fattore molto importante, in un mondo ancora privo di celle frigorifere e di congelatori.
Dai primi decenni del novecento, invece, le cose hanno cominciato a cambiare, la bellezza e la pezzatura dei frutti hanno cominciato ad avere sempre più importanza e di scelta in scelta,a forza di scartare certe varietà,siamo giunti a quegli insipidi e perfetti capolavori che oggi appaiono nelle vetrine e sui banchi dei fruttivendoli.
Oggi però si cerca di correre ai ripari , ricercando antiche varietà che ,oltre ad essere quasi sempre più resistenti alle malattie , hanno il merito di farci riscoprire i sapori e i profumi di una volta.
Rintracciare e coltivare nuovamente queste specie è un compito importante , anche per garantire la conservazione di un patrimonio genetico che potrà servire per creare nuovi ibridi più resistenti alle malattie.
Alcune specie si rinvengono spesso in modo occasionale ,veri cimeli di una arcaica agricoltura locale.
Un tempo, soprattutto di mele e pere ,vi erano innumerevoli specie, dai nomi anche stravaganti, come la “Mela pera”, allungata ,acidula ,aromatica e croccante; la “Mela gelata”,che si conservava a lungo per tutto l’inverno; la” Mela zitella”, coltivata in collina e sulle alture; la “Mela limoncella”dal vago sapore di limone.
Fra le pere antiche ricordiamo la “Pera moscadella”, pera estiva,dolce ,dal sapore che ricordava l’uva moscata; la “Pera prosciutto”, piccola pera invernale così chiamata perché di colore rosso mattone,e poi la “Pera butirra” e ancora la “Pera coscia di monaca”…..insomma tutta una lunga serie di frutti che speriamo ci vengano restituiti.

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